martedì 20 maggio 2014

Creazione di un MS-DOS Virtual PC con Virtualbox di Oracle

In questi giorni la voglia di MS-DOS continua anche perché a seguito del mio articolo alcuni miei amici hanno l’esigenza di far girare applicazioni DOS poiché alcune apparecchiature industriali lo richiedono (cambiare attrezzature industriali perchè il pc si rompe mi sembra pazzesco, anche perché al giorno d’oggi l’hardware di 20/25 anni fa è incompatibile e trovare nuovi software per vecchie attrezzature che funzionano ancora è difficoltoso ) quindi ho pensato ad una soluzione totalmente gratuita e freeware quindi la VirtulBox di Oracle e MS-DOS 6.22 tutto accessibilissimo, basta perdere un pò di tempo! anche perche il supporto per i vecchi programmi basati su MS-DOS è piuttosto limitata con l'uso di programmi come DOSBOX.

Tendo a non buttare via nulla anche il software software precedentemente utile, non si sa mai quando può diventare di nuovo utile! Pertanto, ho ancora il software di MS-DOS, tra cui autentici MS-DOS 6.21 dischi di avvio, nonché una serie completa di distribuzioni Linux nonché la famosa  Slackware e il resto è storia di Linux!

Questo tutorial vi spiegherà come creare un avvio MS-DOS 6 a base di VM VirtualBox con supporto CD-ROM.

STEP 1:

Prima di tutto provvediamo a scaricare Oracle VirtualBox

STEP 2:

VirtualBox come tutte le macchine virtuali  non funziona con i floppy disk fisici ma con le immagini disco, la prima cosa che si deve fare è girare i dischi fisici MS-DOS in immagini disco.

Si possono scaricare le immagini del MS-DOS che sono quelle dei floppy originali, infatti presenta l’estensione img floppy disk image.

STEP 3:
Una volta installato VirtualBox si può procedere nel seguente modo:
Creare il VM VirtualBox

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Avviare VirtualBox e fare clic su New, quindi fare clic su Next.

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Cambiare il sistema operativo per other, il valore predefinito la versione DOS.

Dare il VM un nome ad esempio MS-DOS 6.22, Fare clic su Next

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Dato che questo VM verrà eseguito solo applicazioni MS-DOS, ho intenzione di lasciare la quantità di RAM alla dimensione di 16Mb. Questo può essere modificata successivamente. Fare clic su Next

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Ora stiamo andando a creare un nuovo disco rigido virtuale e renderlo avviabile, quindi le impostazioni di default sono a posto. Fare clic su Next

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Viene visualizzata la Creazione guidata disco virtuale. Fare clic su Next, Anche in questo caso accettare le impostazioni predefinite. Fare clic su Next

FIUEZAOH3NLEZJR.MEDIUM

Scegliamo anceh in questo caso il valore predefinito. Fare clic su Next

Per il disco virtuale Location e Size, 512Mb dovrebbe essere più che sufficiente in modo da accettare le impostazioni predefinite.

Fare clic su Next

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Per il disco virtuale Location e Size, 60Mb dovrebbe essere più che sufficiente in modo da accettare le impostazioni predefinite. Fare clic su Next. Si è ora dato un riepilogo delle impostazioni disco rigido virtuale. Fare clic su Create

F3C4CPHH3NLEZJT.MEDIUM

 

Si è ora dato le informazioni di riepilogo per la VM appena configurato.

Ora bisogna caricare le immagini dei floppy per effettuare il boot.

Dalla barra dei menu VirtualBox, selezionare File> Virtual Media Manager

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Fare clic sulla scheda Floppy Imaged. Fare clic su Add e selezionare le immagini che si desidera aggiungere. Quindi fare clic su Open.

snapshot13

Se fatto correttamente, la cartella Immagini Floppy dovrebbe essere simile al precedente. Quindi OK.

Ora stiamo andando a configurare il nostro MS-DOS VM per i floppy disk, quindi con la VM selezionato dalla finestra principale, selezionare Settings dalla barra degli strumenti.

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Selezionare il menu di archiviazione lungo il lato sinistro della finestra e quindi selezionare Add controller> Add Floppy controller l'icona nella parte inferiore della finestra di controllo. A destra del controller Floppy, fare clic sull'icona Add Floppy controller. Verrà aggiunto un 'vuoto' unità floppy. Ora dobbiamo inserire il  primo disco floppy MS-DOS in modo che quando avviamo la macchina virtuale, si avvierà dal disco e avviare l'installazione. Con l'unità floppy selezionata, il vetro della finestra all'estrema destra cambierà.

A destra dell'etichetta Floppy Controller, fare clic sul menu a discesa che mostra empty e selezionare la prima immagine del disco di MS-DOS elencati.

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Fare clic su OK, si ritorna al menu principale di VirtualBox.

STEP 4:

Installazione di MS-DOS nella VM: Con la VM MS-DOS selezionata, fare clic su Start dalla barra degli strumenti.

La VM dovrebbe avviarsi e caricare il programma di installazione di MS-DOS come nella screenshot

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Si seguire le istruzioni su schermo per installare MS-DOS (ritornato a 25 anni fa!!!) Poiché si tratta di un nuovo disco rigido virtuale vi verrà chiesto di configurare lo spazio su disco non formattato quindi selezionare questa opzione.

Viene chiesto di montare il primo disco floppy. Questo è già montato in modo premere Invio. Il disco  viene formattato con successo e MS-DOS inizia ad installarsi.

Una volta che il drive è stato formattato, immettere il comando setup, il processo di installazione sarà ora continuare.

Dopo un breve periodo (i floppy disk hanno un immagine di  1.44Mb!) viene chiesto di inserire il successivo disco floppy.

Nella parte inferiore della finestra di VirtualBox VM, fare clic destro sull'icona del floppy disk e selezionare l'immagine disco di installazione secondo MS-DOS.

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Poi continuare con l'installazione premendo Invio.

Una volta che l'installazione è stata completata, viene di rimuovere tutti i dischetti dall'unità floppy e riavviare la VM senza montare alcun floppy. Ora premete Invio per riavviare il sistema.

Quando la VM primo riavvio, non visualizza correttamente il prompt dei comandi.

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Ed ecco finalmente MS-DOS. Bisgona sistemare alcune cose come ad esempio il caricamento del CD-ROM (sicuramente qualcuno non se l’ho ricorda più) inoltre MS-DOS non è un sistema operativo impegnativo, ma in esecuzione in una VM può causare problemi per il computer host. Per evitare la CPU sull'host di essere a pieno carico, useremo un programma chiamato DOSIDLE, questo è un TSR (Terminate and Stay Resident) del programma. Ho incluso DOSIDLE sul file di immagine del disco floppy chiamato cdrom.img che può essere scaricato da qui .

Basta scaricare il file dal link qui sopra e aggiungerlo come floppy virtuale alla VirtualBox. Ora bisogna montare il disco cdrom.img nell'unità floppy VirtualBox. Ora digitate a: per modificare la 'a' unità, seguita da dir per visualizzare il contenuto.

Copiare il contenuto del drive 'a' in una cartella chiamata CDROM su c: inserendo

mkdir c: \ cdrom

. xcopy * * c: \ cdrom / s

copy c: \ cdrom \ dosidle \ dosidle.exe c: \

Smontare il disco floppy virtuale.

Ora modificare config.sys inserendo edit c: \ config.sys

e modificare il contenuto in modo da apparire come la seguente

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Salvare il file e ora edit autoexec.bat inserendo edit c: \ autoexec.bat e modificare il contenuto in modo da apparire come la seguente schermata

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Salvare il file e riavviare la VM. Quindi alla ripartenza si dovrebbe ottenere questo:

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Il  VM MS-DOS ora consuma solo la CPU ha bisogno. Ora si configura il supporto per i CD-ROM

Per impostazione predefinita, MS-DOS non viene fornito con supporto CD-ROM. Tuttavia, questo può essere facilmente cambiata. Nella directory cdrom (che contiene il contenuto del file cdrom.img copiato in precedenza) è un driver di periferica per l'unità CD ROM per VirtualBox. Si copia questo nella directory principare di C: scrivendo

copy c: \ cdrom \ oakcdrom.sys c: \

Ora modificare config.sys in modo che appaia simile al seguente screen-shot

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Salvare il file e ora edit autoexec.bat in modo che appaia simile al seguente screen-shot

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Qui abbiamo aggiunto la terza linea dal basso, l'/ L: D dice DOS per assegnare la lettera di unità D: per l'unità CD ROM.

Salvare il file e riavviare la VM. Alla ripartenza si dovrebbe ottenere

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La quarta riga indica giù che il MSCDEX è stato caricato e la linea sotto che ti dice che l'unità CD-ROM è stata assegnata con successo la lettera D.

Nel frattempo, chi di voi disperati vuole utilizzare MS-DOS con la rete dovrebbe considerare l'utilizzo di VMWare in quanto fornisce un supporto migliore scheda di rete per MS-DOS e ci sono un certo numero di articoli disponibili su Internet su come configurare.

lunedì 19 maggio 2014

O.S. Vintage….rivivere il Passato

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In questi giorni, dopo la notizia che lo scrittore George RR Martin autore di Game of Thrones utilizza ancora il DOS con Wordstar per scrivere i suoi libri sono stato colto da un improvvisa voglia di mettermi alla tastiera e provare quello che decenni fa (ricordo che il mio ultimo utilizzo del MS-DOS risale ai primi anni del ‘90 a cavallo tra MS-DOS 5.0 e il famoso 6.22.

La storia di MS-DOS è nota a tutti. Nel 1980, IBM contattò Microsoft (fondata cinque anni prima) chiedendo un sistema operativo per i suoi PC. All’epoca, Microsoft produceva solo il linguaggio BASIC, quindi acquistò il QDOS (Quick and Dirty Operating System), distribuito inseguito come 86-DOS, dalla Seattle Computer Products per 75.000 dollari e, dopo una veloce revisione del codice, lo diede in licenza a IBM, che lo rinominò in PC-DOS. L’azienda di Redmond, invece, scelse il nome MS-DOS. Il costo della licenza era di 40 dollari. La versione 1.1 è stata rilasciata nel 1982, mentre la versione 2.0 è arrivata sul mercato nel 1983. MS-DOS 1.1 occupava 320 KB su floppy disk e usava 12 KB di memoria. MS-DOS 2.0 occupava uno spazio quasi doppio e usava 27 KB di RAM.

Microsoft rilasciò la prima versione di Word per MS-DOS nel 1983. WordPerfect era il word processor per PC più diffuso nel mondo, ma la storia cambiò con l’arrivo della prima versione di Word per Windows nel 1989. Grazie al successo di Windows 3.0, Microsoft divenne in poco tempo il leader assoluto del settore. Nei successivi quattro anni, la software house generò oltre la metà dei profitti dell’intero mercato mondiale dei word processor. Nel 1997, il market share raggiunse il 90%. Oggi, Word è sinonimo di applicazione per la videoscrittura ed è sicuramente il software più famoso di Microsoft.

L'obiettivo è quello di aiutare i futuri addetti del settore tecnologico a capire meglio le radici del mondo dei PC: MS-DOS 1.1 risale al 1982, mentre la versione 2.0 viene commercializzata nell'anno successivo. IBM era allora alla ricerca di un partner che sviluppasse un sistema operativo da installare all'interno dei propri personal computer.

Microsoft offriva allora un interpreter per il linguaggio BASIC e, accettando la nuova sfida, rilascia nel 1982 quello che veniva chiamato PC-DOS quando offerto in licenza ad IBM, e MS-DOS (Disk Operating System) per tutti gli altri produttori di sistemi informatici.

"La versione 1.1 integra un intero sistema operativo - seppur con tutti i limiti del tempo - all'interno di 12Kbyte di memoria, che è incredibilmente poco rispetto ai canoni attuali", ha dichiarato Len Shustek, Presidente del Computer History Museum.

La prima versione di Microsoft Word è stata rilasciata per MS-DOS nel 1983, non riuscendo ad imporsi sull'elaboratore di testi più diffuso dei tempi, WordPerfect. Solo pochi anni più tardi, però, cambia tutto: nel 1989 Microsoft rilascia la prima versione di Word per Windows, riuscendo ad ottenere in soli quattro anni più della metà dei proventi dell'intero mercato degli elaboratori di testo.

"MS-DOS e Word per Windows hanno costruito le solide basi per il successo di Microsoft nell'industria tecnologica", scrive Roy Levin di Microsoft Research. "Crediamo che preservare il codice sorgente storico di questi due programmi sia la chiave per capire come il software si è evoluto dalle proprie radici primordiali" - conclude Shustek - "e divenire parte cruciale della nostra evoluzione".

Per curiosità provo a riutilizzare un programma MS-DOS scaricato dalla rete Word 5.5 appunto ma mi rendo conto che sul mio Windows 8.1 non è più in grado di funzionare….. che sia necessario un emulatore MS-DOS? Ovviamente si, non mi rendevo contro di quanto tempo sia passato in termini informatici e di come le architetture soprattutto con l’avvento della rete di quanto siano cambiate.

Bene cominciamo a trovare un emulatore, ed ecco che mi imbatto in numerosi emulatori nonché di molti progetti interessati multipiattaforma un pò per un costume NERD  di far rivivere progetti e piattaforme defunti, un pò credo anche e soprattutto da un punto di vista culturale, un po' come far rivivere alcune automobili o macchine industriali anche per capire meglio la storia e l’evoluzione fino ai giorni nostri. Cosi mi imbatto in Dosbox   e scopro che il mio Word che usavo anni prima comincia a funzionare con pochi kbyte con il suo correttore ortografico e impaginazione, la cosa che funziona male sono io che non ricordo quasi più nulla (e devo ammettere che dall’ultimo utilizzo con una risoluzione a 132 righe sono passati circa 25 anni) e cosi a casa comincio a riaprire i vecchi programmi che tengo conservati ormai su DVD, passati dai floppy a 5.14 a quelli 2.5 e ricomincio ad usare DBase III, Lotus 1-2-3 e Framework, e i miei ambienti di sviluppo come Turbo Pascal o Turbo C e Turbo C++ in cui ho cominciato a utilizzare gli oggetti, e cosi un pò tutti quei piccoli programmi (in temini di spazio) ma grandi programmi che hanno fatto la (mia) storia dell’informatica.

Una cosa a cui penso è la concentrazione sul lavoro, forse il fatto di avere tante finestre, tanti applicativi ci distrae un pò dalle attività …. Email sempre aperta, Twitter che elenca le news più disparate.

E cosi da emulatore in emulatore ho rispolverato il Finder del Mac OS e Atari e infine il mio amore di sempre per Amiga. Se volete fare un salto del passato vi consiglio questi link.

Per provare il Mac online e Windows 3.1  : il sito di James Friend con finder e quello con Windows

giovedì 15 maggio 2014

Costeja González vs Google: una lotta memorabile per il diritto di essere dimenticati

Ha vinto la sua battaglia contro Google, ma la vittoria è di Pirro. La corte di giustizia europea ha enormi implicazioni nel prossimo futuro.

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Se c'è una prima legge che si apprende su Internet è sicuramente quella delle delle conseguenze non intenzionali.

Tale deve essere la lezione che Mario Costeja González , spagnolo, che ha scatenato questo martedì in un contenzioso presso la Corte di giustizia europea (CGE) e la conseguente sentenza sul "diritto di essere dimenticati" on-line .

L'articolo di Costeja González voleva che il mondo dimenticasse una piccola nota lunga 36 parole, risalente al 1998, in cui si affermava che la sua casa era stata messa all’asta per pagare i debiti. La sua preoccupazione era che la posizione di rilievo tra i risultati di Google presentava quando veniva cercato il suo nome.

La buona notizia per Costeja González è che la Corte di giustizia ha condiviso la sua preoccupazione, stabilisce infatti il diritto del giornale che ne ha pubblicato la notizia perchè ha agito nell'interesse pubblico, ma Google stava violando la sua privacy nel rendere l'informazione disponibile anche dopo moltissimo tempo. Sedici anni dopo, sembra  che Costeja González ha vinto la sua battaglia. I giudici della Corte ritengono che i cittadini europei abbiano il diritto di richiedere la rimozione di alcune informazioni se esse siano “non adatte, irrilevanti o non più rilevanti”. Nel caso del cittadino spagnolo, digitando il suo nome sul motore di ricerca, la query dava fra i risultati di ricerca la messa all’asta della sua casa, per motivi di necessità economica, 16 anni fa. Secondo l’utente, veniva violata la sua privacy, in quanto Gonzalez, oggetto del pignoramento più di tre lustri fa, ha poi risolto la sua situazione economica. Google Spagna e Google Inc. avevano ricorso all’Audiencia Nacional (Spagna), chiedendo l’annullamento della decisione dell’Aepd. Ma il giudice spagnolo ha coinvolto la Corte di giustizia.

Adesso Google potrebbe venire travolta da uno tsunami di richieste di “deindicizzazione” alla società? Il cittadino avrebbe il diritto di ricorrere alle autorità competenti per ottenere la rimozione anche di contenuti online.

Eppure, inevitabilmente, la vittoria è di Pirro: la sentenza della Corte di giustizia ha enormi implicazioni, ed è molto controversa - si potrebbe aggiungere oneri significativi per le imprese on-line , e potrebbe anche portare alla chiusura degli uffici europei da parte dei giganti mondiali del IT per sfuggire alla portata della sentenza, prima che si estenda in tutto il mondo senza considerare le implicazioni del caso. Infatti un tale diritto per la protezione dei dati personali, potrebbe mettere i bastoni fra le ruote al funzionamento dei motori di ricerca. Secondo lo studio Latham & Watkins, andranno messi a punto criteri per distinguere persone pubbliche (per cui è necessaria la trasparenza e di cui bisogna conoscere tutto) e individui privati: ma ciò comprorterà costi extra per i serch engines. Anche secondo Ernst - Young, la sentenza europea è un terremoto per chi archivia dati.

La cosa incredibile è questa che nel 1998, Costeja González  ha lottato per un piccolo articolo di 36 parole in spagnolo e  martedì, 840 articoli dei grandi Media di comunicazione di tutto il mondo sono stati scritti in riferimento al suo caso, anche nei paesi in cui non si sarebbe mai pronunciato il nome del Sig González , e dove la sentenza della Corte di giustizia europea non potrà mai giungere.

Un tentativo fallito di sopprimere un pezzo di informazione che porta alla sua diffusione globale è uno dei fenomeni internet più antichi e famosi: l' effetto Streisand (dal nome di un tentativo fallito da Barbra Streisand per avere le foto della sua casa presa offline).

Costeja González ha vinto la sua battaglia per il diritto di essere dimenticato, o almeno a scomparire. Purtroppo per lui, la lotta è stata dannatamente memorabile, un classico caso di Davide contro Googlia

martedì 13 maggio 2014

Causa Oracle - Google atto secondo: Vince Oracle a rischio Android?

oracle-android-java

Nuova puntata delle cause milionarie tra produttori IT questa volta si parla di Oracle e Google e di alcune API. Vediamo i fatti e le conseguenze per capire meglio di che cosa si tratta, anche perchè cause di questo tipo cambiamo di molto le cose in ambito IT e questa volta potrebbero essere cambiamenti radicali sia a breve termine (blocco di alcune funzionalità di Android e quindi il nostro amato Smartphone) o a lungo termine (Utilizzo da parte di altri e modifica delle API).

I fatti dicono che in appello è stato ribaltato il verdetto precedente; cioè nella causa per violazione di copyright da parte di Android (Google) nei confronti di Java (Oracle), il tribunale dà ragione a Oracle contro Google. 
La Corte di Appello del Circuito Federale di Washington ha stabilito che le parti sotto copyright del linguaggio di programmazione di Java (Queste API tanto per intenderci), che Google usava adoperare nel sistema operativo Android per smartphone, appartengono a Oracle. 

In primo grado, nel 2012, erano stati chiamati a testimoniare il Ceo di Oracle, Larry Ellison, e il Ceo di Google, Larry Page, ma in primo grado Oracle aveva perso la causa. 
Oracle aveva portato Android alla sbarra fin dal 2010, accusando Google di aver incorporato parti di Java sotto copyright in Android, il primo sistema operativo Mobile al mondo (già c'e' molto di Unix e Java in Android diciamo che ha utilizzato molto software Open Source).

Oracle cerca di ottenere da Google un miliardo di dollari di risarcimento danni nel caso di violazione di copyright
Java e Android, la Corte Federale dà ragione a Oracle, infatti secondo quest'ultima (Java faceva parte dell'acquisizione si Sun System che Oracle acquistò qualche anno fa) queste funzionalità sottoforma di API, nonché alcune intere linee di codice riprese di sana pianta da Google sarebbero tutelate dal copyright ed in quanto tali l'impiego senza citazioni e limiti costituirebbe una violazione che vale almeno 1 miliardo di dollari di danni; questo significherebbe eventualmente il blocco di Android. Mountain View, da parte sua, ha cercato di sostenere davanti al tribunale che il suo utilizzo rientra pienamente nella disciplina del fair use (l'uso legittimo di un'opera consentito senza autorizzazione) e che dal momento che si tratta dell'idea in sé Oracle non può neanche ricorrere al diritto d'autore che in quanto tale tutela solo l'espressione di un'idea.
La Corte Federale di San Francisco con la decisione del maggio 2012 aveva condiviso pienamente la linea difensiva di Google, stabilendo l'esenzione delle librerie Java (API) dal copyright ed assolvendo Mountain View, venutasi a scontrare con i diritti d'autore di Oracle solo in via trascurabile e in condizioni assolutamente coperte dal fair use. L'ultima fase del procedimento, l'appello chiesto da Oracle alla Corte Federale per rivedere la decisione del tribunale e presieduto dal giudice William Alsup, si è aperta lo scorso dicembre ed ha portato ora ad una decisione che ribalta quando stabilito in primo grado.
Nel dettaglio la Corte federale ha stabilito che i pacchetti di API di Java sono effettivamente tutelati dal copyright:rispettano il requisito di originalità stabilito dalla Section 102(a) e soprattutto rappresentano solo uno dei modi (un'espressione dell'idea) con cui adottare Java (intesa come idea). Insomma, Google avrebbe potuto seguire altre strade per arrivare al medesimo scopo, ma secondo la Corte d'appello non l'ha fatto.
In realtà, per ciò che riguarda le violazioni di Mountain View, la questione è stata rinviata al tribunale di primo grado che dovrà stabilire se ci sono o meno le condizioni di applicazione dei principi del fair use. Prima di questa decisione che coinvolge direttamente Mountain View, tuttavia, le conclusioni della Corte Federale preoccupano gli osservatori per le conseguenze che potrebbe avere sulla diffusioni delle API.
Secondo EFF (Electronic Frontier Foundation, fondazione che si batte per le libertà del mondo digitale) "la libertà di estensione e la possibilità di reinventare le modalità di applicazione di API quindi delle librerie esistenti sembrano rappresentare al momento fattori chiave sia per lo sviluppo del settore hardware che di quello software". Nel momento in cui i programmatori possono liberamente mettere mano alle API senza dover raggiungere prima un accordo di licenza con gli autori originali, o senza rischiare una denuncia, aumentano le possibilità di creare software compatibili, a tutto vantaggio dei consumatori che hanno a disposizione una maggiore offerta, degli sviluppatori che hanno più strumenti per portare a compimento i propri progetti, nonché degli autori originari che possono sfruttare evoluzioni dei loro applicativi a cui magari non avevano neanche pensato.


Il giudice federale di San Francisco, invece, aveva deciso che Oracle non potesse richiedere la protezione del copyright. Invece la corte d’appello ha stabilito che 37 API di Java sono originali e sotto proprietà intellettuale. Google avrebbe dovuto negoziare una licenza o agire altrimenti. Invece Google si era appellata al fair use, ma in appello ha perso. Oracle acquisì Java quando comprò Sun Microsystems nel 2010 per 7,4 miliardi di dollari.
Secondo Pamela Samuelson, docente all'Università della California, Berkeley, School of Law, teme che la sentenza possa intaccare l’interoperabilità. Anche EFF ha commentato che “la libertà di estensione e la possibilità di reinventare le modalità di applicazione di API esistenti sembrano rappresentare al momento fattori chiave sia per lo sviluppo del settore hardware che di quello software“. Ma Dorian Daley, consigliere generale di Oracle, ritiene il verdetto un’ottima notizia per l’industria del software: “Il circuito federale ha negato il tentativo di Google di limitare la tutela del copyright per il codice dei computer. L’opinione del circuito federale rappresenta una vittoria di Oracle e dell’intera industria del software che si affida alla protezione del copyright per diffondere innovazione ed assicurarsi che gli sviluppatori vengano ricompensati per le loro scoperte“.
Google ha dichiarato di rispettare ma essere in disaccordo con la nuova sentenza e di prendere in esame una risposta.
 
Facciamo un pò di storia però: Google e Sun erano alleate nell’ottobre 2005, quando l’allora presidente Jonathan Schwartz e il CEO Scott McNealy siglarono con il Ceo dell’epoca di Google, Eric Schmidt, una partnership che coinvolgeva la Google Toolbar e Java. Ma oggi che Sun non è più nell’orbita di Google, bensì in quella di Oracle (acquisita da Larry Ellison per 7,4 miliardi di dollari), Oracle vuole  riscrivere la storia di Sun, e soprattutto di Java.
Jonathan Schwartz, testimoniò al processo di primo grado affermando che Android non aveva bisogno di licenze per le API di Java. Ricordiamo che Eric Schmidt ha passato 14 anni a Sun, dove era stato nominato CTO. McNealy però non è d’accordo: l’ex Ceo e co-fondatore di Sun ha nullificato le esternazioni di Schwartz.
Ma Sun non portò Google in tribunale: ciò dà ragione a Schwartz (che ha coperto il ruolo di CEO dal 2006 al 2010) anche se ammette che Google non si comportò benissimo con Sun, anche a seguito della fuga di ingegneri che dal progetto Java passarono in Google impegnandosi nello sviluppo di Android. Se Google avesse siglato una partnership con Sun, l’ex Ceo sarebbe stato maggiormente soddisfatto. Andy Rubin, a capo dello sviluppo Android, voleva che Sun proponesse a Google non la licenza standard, ma una nuova licenza basata su un nuovo modello di business. Ma la storia è andata diversamente.
 
La giuria del caso Oracle vs. Google ha emesso ore il verdetto parziale, da cui risulta che Google ha violato il copyright di Oracle. Ma il fatto che la giuria non abbia saputo deliberare sul Fair use e sulle API di Java, è un buon  segnale per Google e gli sviluppatori di Android. Infatti un giudice federale ha affermato che Oracle non può chiedere 1 miliardo di dollari per Android ( che oggi è presente su 300 milioni di dispositivi mobili).
Google ha violato 37 API Java (application programming interfaces) di Oracle, ma , ma la giuria non è in grado di decidere se e dove Google abbia fatto “fair use” del materiale violato sulla piattaforma mobile Android. Tirando le somme, Android, il primo OS al mondo, non è affatto in serio pericolo. Ricordiamo che sebbene il codice di Java copiato in Android, in violazione di copyright, costituiscono  comunque fair use perché Google offre Android gratis ai programmatori con relativo ambiente di sviluppo.
La dichiarazione sibillina resta quella di Google che ha spiegato l’utilità del linguaggio Java e che Google ha  trovato il modo di realizzare un OS (Android) per smartphone con Java, cosa che Sun ed Oracle non erano capaci di fare.

lunedì 12 maggio 2014

Twitter o Facebook?

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Ieri sera ad una cena da un mio caro amico è sorto il questo dilemma: Facebook o Twitter o meglio, cosa è Twitter e a cosa serve?
Diciamo che la maggior parte dei miei amici usano molto Facebook e ormai ha sostituito ogni tipologia di comunicazione in alcuni casi i miei amici comunicato solo tramite la chat (messenger) di Facebook. La cosa che mi piace meno è che ormai talvolta la realtà ha sostituito il social, se non è scritto su FB non è reale e in alcuni casi è reale se è su FB. A tavola piuttosto che parlare si chatta e si guardano i profili, il più delle volte di perfetti sconosciuti o di fake. I discorsi a tavola vertono su chi ha postato cosa, su chi è stato photoshoppato, e cosi via; il tutto sta iniziando a diventare molto stucchevole, diverso dall’approccio iniziale. Io del resto forse per evitare “il Gossip” preferisco Twitter.

Cosa è Twitter?


Twitter è un servizio gratuito di social networking e microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri (120 nel caso si inserisca un link o un'immagine). Gli aggiornamenti di stato possono essere effettuati tramite il sito stesso, via SMS, con programmi di messaggistica istantanea, posta elettronica, oppure tramite varie applicazioni basate sulle specifiche di Twitter.
Twitter è stato creato nel marzo 2006 dalla Obvious Corporation di San Francisco.
Il nome "Twitter" deriva dal verbo inglese to tweet che significa "cinguettare". Tweet è anche il termine tecnico degli aggiornamenti del servizio. I Tweet che contengono esattamente 140 caratteri vengono chiamati Twoosh. Gli aggiornamenti sono mostrati nella pagina di profilo dell'utente e comunicati agli utenti che si sono registrati per riceverli. È anche possibile limitare la visibilità dei propri messaggi oppure renderli visibili a chiunque. Il valore del social network è stato stimato intorno agli 8,4 miliardi di dollari. Twitter nel 2012 ha raggiunto i 500 milioni di iscritti e 200 milioni di utenti attivi che fanno accesso almeno una volta al mese.
Punto primo: Twitter è diverso da Facebook
Uno (Facebook) è una piazza virtuale che si basa sul collegamento fra due (o più) utenti: perché la comunicazione abbia inizio devo accettare la tua richiesta di amicizia, o viceversa. L’altro (Twitter) non prevede nessun obbligo di reciprocità: significa che posso essere follower di qualcuno, senza che lui nemmeno sappia chi sono.

Punto secondo: a Twitter non interessano i tuoi pensieri esistenziali
Il risultato di quello che ho scritto poc'anzi è un modello di comunicazione da-uno-a-molti nel quale tutti possono seguire tutti. E che proprio per questo diventa molto selettivo quando si tratta di valutare i contributi. Se all’interno di Facebook tutto fa brodo, su Twitter quel brodo rischia di annacquarsi. Insomma se pensi di iscriverti a Twitter per far conoscere a tutto il mondo il tuo pensiero o il tuo stato esistenziale lascia perdere nessuno se ne accorgerebbe, a parte quei quattro amici che hanno deciso di seguirti pure qui. Se invece hai qualcosa di più importante da dire, qualcosa capace di suscitare interesse, o addirittura uno scoop, allora sei nel posto giusto: non c'è strumento migliore di Twitter per comunicare in tempo reale. Qualcuno ricorda infatti che la moda dei selfie è stata consacrata alla notte degli Oscar 2014 grazie ad alcuni Tweet.

Punto terzo: cinguettare non è obbligatorio (cioè, puoi limitarti ad ascoltare)
Molti utenti non si iscrivono a Twitter per paura di dover a tutti costi far sentire la propria voce. Il fatto è che Twitter può essere usato tranquillamente anche da chi non ha voglia o tempo di intervenire in prima persona. Lo dimostrano i numeri: allo stato attuale meno dell’1% degli iscritti pubblica il 50% dei cinguettii (tweet) . Il resto? Si limita ad ascoltare. In questo senso Twitter può essere considerato un’evoluzione dei feed RSS. Qualcosa che ci permette di arrivare prima alle notizie del nostro giornalista di riferimento, agli aggiornamenti del nostro cantante preferito e così via. Se Facebook è la risorsa numero uno per ciò che concerne la nostra sfera sociale (gli amici, i familiari e i colleghi di lavoro) Twitter è il ponte fra noi e il resto del mondo, o perlomeno del mondo al quale siamo interessati.

Punto quarto: Twitter va dritto al sodo
Altro che giochi, giochini, Timeline, impostazioni (e polemiche) sulla privacy: pochi fronzoli, siamo su Twitter. 140 caratteri, link inclusi, per comunicare . Prendere o lasciare. È il bello (o il brutto) di Twitter, uno strumento che piaccia o meno va all’essenza delle cose. E che proprio per questo sa essere più veloce degli altri servizi quando si tratta di dare (e ricevere) notizie.

ma non per questo si può definire povero (punto cinque)
Pur nella sua essenzialità Twitter sa essere una risorsa straordinariamente ricca. La possibilità di"ritwittare", ovvero di (ri)pubblicare sul nostro profilo i cinguettii scritti dagli utenti che seguiamo, è senza dubbio la chiave del meccanismo virale che alimenta la comunicazione supersonica. Ma è anche il mezzo che può portarci ad espandere la nostra rete di follower/following. Se decidiamo di seguire il nostro opinionista sportivo preferito, ad esempio, ci ritroveremo a leggere i ritweet degli utenti che lui segue in prima persona. E magari vorremo diventarne a nostra volta suoi follower.


Ecco 5 grandi differenze tra Facebook  e Twitter, tutte buone ragioni per cui accostare i due social nella stessa frase richiede prudenza:

Timeline vs Real Time

Facebook guarda al passato. Twitter al presente. Con la Timeline il social di Zuckerberg si è fatto ancora più personale, una seconda pelle della vita reale, del suo vissuto fatto di ricordi, fotografie, suggestioni, luoghi in cui si è stati. Twitter invece vive solo nel presente. I tweet sopravvivono 1 ora al massimo, assolvono il loro compito informativo e incontrano l’oblio.

Social Graph vs Interest Graph

I follower non sono amici. Sono persone con cui hai in comune interessi, ma possono anche essere dei perfetti sconosciuti. Su Facebook invece c’è tua nonna e tuo cugino, i tuoi amici più cari e i tuoi vecchi compagni di scuola con cui davanti ad una birra non sapresti di che parlare.

Social Network vs Information Network

Si è visto durante le rivolte in Nord Africa, l’elezione di Obama, la cattura di Bin Laden e in tutti gli ultimi grandi eventi di emozione pubblica. Twitter è un news media. È leggero, informale, immediato, perfetto per dare una notizia e generare un passaparola. Facebook è invece relativamente lento, si presta di più a battaglie senza tempo, tributi, commemorazioni, risate e pianti fra amici. Sui grandi eventi Facebook arriva dopo, ma dura molto di più.

Private vs Public

Su Facebook la privacy è sempre una delle questioni di dibattito più calde. La Timeline del resto è il diario della nostra vita. Twitter invece è pubblico, aperto, trasparente. È il luogo ideale per chi si occupa di business, per chi vuole stare sempre aggiornato, per chi ama l’attualità e vuole creare nuovi contatti professionali.

Universal vs Target audience

Su Facebook ci sono tutti o quasi tutti. È un social universale, totalizzante, pachidermico. Offre un’esperienza ricca, complessa, umana, emozionale che si adatta perfettamente alle diverse generazioni e ai diversi strati socio-culturali della società. Twitter invece è sì popolare, ma incompreso. Se ne parla tanto, troppo forse, ma sono pochi gli utenti sulla piattaforma che possono dirsi veramente attivi e che contribuiscono a costituire un particolarissimo microcosmo sociale fatto di cortesie, gentilezze, etichetta, scambi proficui, rituali e prassi sociali assai codificate.
Concludo citando gli ultimi tentativi di Facebook di assomigliare al fratellino cinguettante. Sia la recente introduzione del ticker sul fronte “real-time” sia del subscribe sul fronte “public”, sono due mosse di twitterizzazione. La mia netta impressione tuttavia è che Facebook diventi in realtà sempre più simile a se stesso, alle ragioni profonde che hanno portato alla sua nascita, ragioni prettamente sociali, relazionali e di intrattenimento.
Detto questo il mio twitter è @thonyromano

venerdì 9 maggio 2014

Santa Severa, riapre il castello per poco !

Il 25 maggio mi sono recato a Santa Severa, una località vicino Roma, ad ammirare il castello sul mare, per la prima volta dopo 10 anni riapre al pubblico in via straordinaria e fino al 4 maggio. Tutto è pronto per accogliere circa 5300 persone: 6 ingressi giornalieri per 4 gruppi di 20 ospiti. Mi sono prenotato 3 settimane prima gratuitamente su internet. Il presidente Zingaretti, che era presente all'inaugurazione, ha definito la struttura: "Una perla con le caratteristiche necessarie per poter diventare un polmone culturale, ma anche produttivo ed economico per tutta Santa Marinella e questa parte della costa".

Durante il mese di marzo sono state raccolte dalla Regione le istanze di cittadini e associazioni; da queste azioni, dai lavori di restauro iniziati nel 2004 e dall'interesse dimostrato per un patrimonio culturale che non può divenire uno di quei cimiteri italiani, è stata programmata la riapertura del Castello di Santa Severa.

 

Il Castello di Santa Severa riapre le porte al pubblico, anche se per solo dieci giorni, in via sperimentale. Fu Chiuso nel 2005 per un importante intervento di restauro, che adesso è terminato, sarà visitabile gratuitamente dal 25 aprile al 4 maggio. L'obiettivo, sottolineano dalla Regione Lazio, che è proprietaria del bene, è quello di "rendere fruibile a tutti un luogo così ricco di fascino, storia, arte e archeologia". Negli ultimi anni l'utilizzo del castello è stato oggetto di svariate polemiche, in particolare quando la Giunta Polverini ipotizzò di concedere il sito a privati, permettendo che si creasse addirittura un hotel a 5 stelle al suo interno. All'inizio dell'anno il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, ha invece annunciato un bando europeo per trasformare e gestire una parte della struttura come polo congressuale. In attesa di ulteriori sviluppi, è stato appunto deciso di riaprire i battenti. Nei giorni festivi, quindi il 25 e 27 aprile e l'1 e 4 maggio, si accederà esclusivamente su prenotazione, che può essere effettuata registrandosi al servizio via internet (http://santaseveracastello.eventbrite.it) oppure chiamando il Call Center al numero verde 800.00.11.33. Nei giorni feriali la prenotazione non sarà obbligatoria ma è comunque fortemente consigliata. Sono previste delle visite guidate a numero chiuso. La prima si è svolta  il 25 aprile alle 12, mentre in tutti gli altri giorni si terranno dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18. Per arricchire l'iniziativa, la Regione e le associazioni del territorio attive per la valorizzazione del complesso hanno anche organizzato una serie di attività e manifestazioni culturali.

Il 25 aprile ho visto anche le tre mostre: “Santa Severa tra leggenda e realtà storica. Recenti scavi e scoperte nel castello”, dedicata ai risultati degli scavi e alle scoperte archeologiche avvenute nel Castello tra il 2003 e il 2009 durante i lavori di restauro. “Abiti d’epoca: la storia dell’abito femminile attraverso i secoli” e, infine, una collettiva di pittura di artisti del territorio.  Sinceramente sono rimasto un po' deluso della qualità del restauro, i mattoni e alcune travi ricoperti da questo intonaco rosa o simile, per non parlare del fatto che la rocca cioè la parte vera e propria del castello non si poteva visitare (tranne che alcune persone come le autorità).

Però restiamo positivi, lo spazio e la possibilità di organizzare eventi di interesse culturale sicuramente c’è…. immagino tutte quelle mostre e i convegni estivi che spesso a Roma non trovano spazio, o magari qualche mostra interessante …. non so magari portare nel castello qualcosa che giace nei magazzini dei musei italiani che non trova spazio.

Il tutto però bisogna che sia organizzato a livello di trasporti, arrivare a Santa Severa come nella vicina Cerveteri senza automobile non è sicuramente semplice, direi che iniziative del genere senza una rete di trasporti adeguata è inutile. Pensare che il museo del Louvre ha allestito una mostra sugli etruschi a Lens ‘Les Etrusques et la Méditerranée: la cité de Cerveteri’, distante da Parigi circa 260 Km con tutte i collegamenti del caso, apposta per portare cultura nei luoghi de-industrializzati del paese e ha già portato centinaia di migliaia di visitatori.

Forse è il caso di dire che ogni tanto con la cultura si mangia no?